Nell'ambito giuridico i danni
conseguenti all'esposizione ad eventi traumatici, potenzialmente
traumatici o stressanti necessitano di essere "misurati",
al fine di evidenziare innanzitutto la loro sussistenza ed eventualmente
la loro rilevanza al fine di un risarcimento. Come illustrato nel
prosieguo, tali danni - se esistenti - devono essere valutati in
termini percentuali.
Attualmente la giurisprudenza articola i danni alla persona all'interno
di due piani distinti:
- danno patrimoniale;
- danno non patrimoniale: morale, esistenziale e biologico.
Il danno esistenziale si
riferisce ad un danno alla persona intesa in senso lato, senza che
si possa riscontrare una patologia, né una lesione fisica
o psichica, ma attiene a danni, sconvolgimenti e alterazioni in
senso negativo rispetto alle abitudini di vita, alle relazioni interpersonali,
e alla progettualità, con particolare riferimento alle attività
realizzatrici della persona, dotate di tutela costituzionale. Può
essere definito come "La forzosa rinuncia allo svolgimento
di attività non remunerative, fonte di compiacimento o benessere
per il danneggiato, perdita non causata da una compromissione dell'identità
psicofisica" (Meucci 2006).
Il danno psichico (più correttamente: danno
biologico di tipo psichico) fa parte del danno biologico, e "non
deve solo prospettarsi come sofferenza soggettiva, turbamento, dolore,
ecc., a carattere temporaneo, ma [deve] avere connotati più
gravi e oggettivi, si deve avere la cronicizzazione o comunque il
protrarsi nel tempo di tale stato di disagio" (Riguzzi 2004).
Sebbene distinto dal danno morale ed esistenziale, può presentarsi
assieme ad essi. Può essere temporaneo o permanente, e deve
essere paramentrato rispetto ad un 100% di integrità psicofisica.
Il codice civile, in realtà, non prevede il danno biologico,
ma solo il danno patrimoniale (art. 2043) e morale (art. 2059).
La formulazione del concetto di danno biologico è quindi
un'opera di ingegneria giuridica, posta in essere dal "diritto
vivente" (Riguzzi, 2004). Una storica sentenza della Corte
Costituzionale (n. 184/1986) sancisce la risarcibilità del
danno biologico inteso come menomazione dell'integrità psicofisica
della persona, in sé per sé considerata; diventa risarcibile
il danno al benessere della persona, "benessere che va inteso
come comprensivo di ogni aspetto della qualità della vita".
In sede giuridica, il Tribunale o il Pubblico Ministero
si possono avvalere della collaborazione di un esperto per valutare
la presenza/assenza di un danno biologico di tipo psichico e, qualora
comprovato, valutarne l'impatto sulla persona sia in termini temporanei
che permanenti, rispetto alla condizione clinica di partenza. Ovviamente,
i danni potranno essere considerati permanenti, a seconda degli
autori e della natura degli eventi stessi, qualora valutati ad almeno
due o tre anni di distanza rispetto all'evento stesso, o rispetto
al termine dell'avvenimento stesso (Buzzi, Vanini 2006), oppure
a uno o due anni di distanza (Pajardi, Macrì, Merzagora Betsos
2006).
Per approfondimenti: Giannantonio, M. (2009). Psicotraumatologia.
Fondamenti e strumenti operativi. Centro Scientifico Editore
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